La “Voluntary Disclosure” è a tutti gli effetti una verifica fiscale sui capitali detenuti all’estero che differisce dai normali accertamenti solo perchè la fonte di innesco non proviene dall’Agenzia delle Entrate ma direttamente dal contribuente.
Non è un condono, perchè le imposte e gli interessi vanno pagati integralmente e non è uno Scudo perchè non vi è anonimato.
Il vantaggio per i contribuenti è nella misura delle sanzioni, che possono essere ridotte fino alla metà del minimo e poi definite nella misura di un terzo o di un sesto a seconda della tipologia di violazione.
Perchè regolarizzare i capitali?
Il motivo principale è che dal 2009 ad oggi il mondo è cambiato e la lotta al contrasto del riciclaggio finanziario e all’evasione fiscale internazionale, complice anche la crisi economica, è diventata molto più penetrante ed incisiva di prima, tanto è vero che molti Stati inseriti nella cosiddetta “Black List” hanno cominciato a collaborare.
Paesi che hanno firmato l’accordo bilaterale per lo scambio dei dati con gli Usa sul modello Fatca (Model 1 Iga e 2 Iga)
Paesi in attesa di firmare l’accordo bilaterale per lo scambio dei dati con gli Usa sul modello Fatca (Model 1 Iga e 2 Iga) e che hanno chiesto di aderire al Crs Multilaterale
Paesi che non hanno firmato l’accordo bilaterale per lo scambio dei dati con gli Usa sul modello Fatca ma che hanno chiesto di aderire al Crs Multilaterale
Inoltre, negli ultimi anni, si è assistito a casi di “fiduciari” esteri che, venuti a conoscenza che il loro cliente era indagato in Italia, si sono presentati spontaneamente alle Procure italiane, consegnando dati e documenti, oppure funzionari bancari che hanno venduto i dati dei conti correnti alle amministrazioni fiscali europee (il caso più conosciuto é quello di Hervè Falciani della HSBC di Ginevra).
E ancora, è in vigore dal 1 gennaio 2015 il reato di autoriciclaggio che colpisce duramente l’utilizzo delle somme frutto di evasione fiscale anche da parte di coloro che le hanno evase.
Ma l’elemento che forse sarà determinante per il successo di questa procedura è il mutato comportamento delle grandi banche svizzere che, sposando la politica del “White Money”, anche per le note vicissitudini incontrate negli Stati Uniti, non accettano più somme non dichiarate, limitano il prelievo di quelle custodite e chiedono espressamente ai clienti di regolarizzare fiscalmente il denaro depositato, pena la “cacciata” dall’istituto.
In questo contesto, con l’aggiunta delle restrizioni vigenti in Italia sull’uso del contante, il contribuente che detiene fondi all’estero non dichiarati incontra moltissime difficoltà per poterli utilizzare e quindi è gioco forza spinto a valutare la possibilità di emergere di fronte al Fisco nazionale al fine di rendere bancabili le somme.
Quali attività si possono regolarizzare?
Si può regolarizzare qualsiasi tipo di attività detenuta all’estero, sia finanziaria che non. E quindi denaro, valori mobiliari, quote di partecipazione in società esterovestite, immobili, oro fisico.